Tutto su khol e kajal, gli evergreen del trucco

Khol e kajal, alias: gli evergreen del trucco più sensuale ed etno-chic per eccellenza. Segni particolari: analoghi per composizione, racchiudono in formato matita (la versione moderna), in pasta o in polvere libera con applicatore (varianti classiche) una tecnologia materica d’avanguardia, ma con profondissime radici nel passato (un esempio su tutti: Nefertiti e come lei tutta l’”upper class” dell’antico Egitto).
Di più: superano il concetto di genere, poiché non è inusuale l’uso anche al maschile (vedi Damiano dei Maneskin), sono tra gli inossidabili dei beauty look da sfilata e sono (pure) dei cosmetici-talismano, visto che in Oriente erano, e sono, utilizzati anche a scopi rituali.
Ancora: alla loro, irresistibile malia non sanno resistere neppure le divine, come Jennifer Lopez, Olivia Wilde, Victoria Beckham, Keira Knightley, Kristen Stewart, Eva Green, Emily Ratawosky e le algide e bionde Black Lively e Jennifer Lawrence, che in più occasioni amano intensificare lo sguardo proprio con lui: sua eccellenza il khol.
Antesignani del trucco “curativo”. Il kajal (origini orientali, in pasta e con composizione grassa predominante) e il khol (in polvere, uso più diffuso nell’Africa del Nord) a ben guardare sono anche tra i primi esempi di prodotti a metà strada tra cura e make up, oggi così di tendenza: alcune fonti sostengono che già nell’età del Bronzo, e ancor oggi tra le popolazioni berbere e dell’Africa subsahariana, il mix di pigmenti neri, minerali come la galena e la malachite, grassi animali e vegetali del khol veniva utilizzato per proteggere gli occhi dalle infezioni e con funzioni schermanti dall’azione abbagliante del sole: praticamente un prototipo ante litteram degli occhiali da sole. Oggi è più diffusa la versione del khol in matita, molto pratica nell’uso e con alta concentrazione di pigmenti. Più morbida rispetto a una matita tradizionale, per permettere una “scrivenza” ottimale anche all’interno della rima palpebrale, la matita khol è specificatamente formulata per essere utilizzata in completa sicurezza anche a contatto con l’occhio.
La next age del Kajal. Oggi, anche con il kajal tutto si gioca in chiave ultramoderna e attraverso esercizi di stile ipnotici e talvolta anarchici. Oltre a intensificare lo sguardo con un effetto da “Mille e una notte”– che poi è la loro funzione principale -, il khol e il kajal permettono di giocare con tante variabili: sfumati sulla palpebra, con la tecnica del soft-smokey, regalano subito allo sguardo un magnetismo languido, mentre applicati anche sulla palpebra inferiore con un effetto “colato” creano uno stile smudge/grunge, l’aspetto vissuto e da day after. Essendo comunque morbido, anche in matita il khol è meno indicato per creare linee grafiche, per le quali sono d’elezione invece gli eyeliner, che pur essendo molto diversi per consistenza, decisamente più liquida, e uso (non possono essere applicati, come noto, all’interno dell’occhio), trovano comunque una lontana discendenza nel kajal.
Kajal no limits. La buona notizia: chi ha gli occhi un po’ piccoli non deve necessariamente rinunciare al khol perché per aprire lo sguardo, compensando l’effetto rimpicciolente dell’applicazione nella rima interna, è sufficiente scurire anche l’esterno dell’occhio, sfumando il kajal stesso o saturando con un ombretto nelle nuance più scure. E per chi indossa le lenti a contatto? Per non incorrere nel rischio che il prodotto debordi nelle lenti, basta scegliere un kajal compatto o a lunga tenuta.